Saggi e Contributi

Paolo Armellini, Il fascismo nell’interpretazione di Francesco Luigi Ferrari, in «Res Publica. Rivista di studi storico-politici e internazionali», n.  25, gennaio-aprile 2020 (in corso di pubblicazione).

Paolo Armellini, La concezione  del partito politico in Antonio Rosmini e Luigi Sturzo, in F. Lomanto-E. Guccione-R. Marsala (a cura di), Luigi e Mario Sturzo. Il progetto cristiano di democrazia. A cento anni dalla fondazione del Partito Popolare (1919-2019),  Salvatore Sciascia Editore, vol 37 della collana del Centro per lo studio della storia e della cultura di Sicilia “Mons. Travia” della Facoltà teologica di Sicilia (Palermo), Caltanissetta-Roma 2020, vol. I, p. 461 ss.

Paolo Armellini, La questione politica della modernità e la via dell’ontologismo in Augusto Del Noce, in «Rivista internazionale di filosofia del diritto», Fondazione Capograssi, serie V, n. 3/4, luglio-dicembre 2019, Giuffré, Milano 2020, p. 217 ss.

Paolo Armellini, Populismo e multiculturalismo: due sfide alla democrazia contemporanea, in N. Antonetti (a cura di), Discorsi sul “popolo”. Popolarismo e populismo, Editoriale Scientifica, Napoli 2020, p. 157 ss.

Giulio Battioni, Diritto e persona in Augusto Del Noce, in Da Cartesio a Rosmini, da Vico a Del Noce. Saggi su Augusto Del Noce nel trentesimo anniversario della scomparsa, presentazione di Francesco Mercadante e Antonio Punzi, in «Rivista internazionale di Filosofia del Diritto»,  n. 3/4 serie V – luglio/dicembre 2019, Giuffrè Francis Lefebvre, Milano 2019, p. 277.

Giulio Battioni, La cittadinanza elettronica come paradigma giuridico. Problemi, potenzialità e pericoli della «democrazia dei clic», in «Prospettiva Persona», n. 111-112, gennaio-giugno 2020/1, Rubbettino Editore srl, Soveria Mannelli 2020, p. 39 ss.

Carla Benocci, I Gesuiti nella vigna. L’incisione di Matthäus Greuter (1616) e l’Instruttione di Sante Lancerio, bottigliere di Paolo III Farnese, in «Archivum Istoricum Societatis Iesu», vol. LXXXVIII, fasc. 175 (2019-I), p. 183 ss.

Carla Benocci, La presenza dei Gesuiti a Tivoli (XVI-XVIII secolo): strategie imprenditoriali al servizio della Missione, in «Archivum Istoricum Societatis Iesu», vol. LXXXIX, fasc. 177 (2020-I), p. 117 ss.

Carla Benocci, La cura del corpo e dell’anima in luoghi confinati: dai Benedettini ai Minimi e all’ospedale dell’Ordine di Malta nella villa della Magliana a Roma, rifugio di Leone X, in «Il Tesoro delle città. Strenna dell’Associazione Storia della città», 2019 (2020), p. 30 ss.

Ester Capuzzo, War Tourism in Italy (1919-1939), in Inter and Post War Tourism in Western Europe, 1916-1960ed. by C. Pellejero, M. Luque, London, Palgrave McMillan, 2020, p. 35 ss.

Ester Capuzzo, Viaggio al femminile. Lettere dall’Italia di Lady Philippina Deane Knight a Elizabeth Francis Drake (1775-1795), in Atti del Convegno internazionale Proceedings of the International Congress, Storia postale. sguardi multidisciplinari, sguardi diacronici postal history: multidisciplinary and diachronic perspectives,  Prato, 13-15 giugno 2019/3-15 June 2019, a cura di B. Crevato-Selvaggi e R. Gerola, Prato,  Istituto di studi storici postali «Aldo Cecchi» onlus, 2020, p. 325 ss.

Ester Capuzzo, Il diritto negato al diritto di avere diritti: l’apolidia in Europa alla fine della Prima guerra mondiale, in 1919-1920. I Trattati di pace, a cura di P. L. Ballini e A. Varsori, Venezia, Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti, 2020, p. 233 ss.   

Ester Capuzzo, Lady Morgan e l’Italia nel Risorgimento, in: «Tempo presente. Rivista trimestrale di cultura», n. 478-480, ottobre-dicembre 2020 (in corso di pubblicazione).

Antonio Casu, Alberto Olivetti. L’orizzonte e il suo oltre, in: «Tempo presente. Rivista trimestrale di cultura», n. 475-477, p. 61 ss.

Antonio Casu, Eleonora d’Arborea, legislatrice, in: «Tempo presente. Rivista trimestrale di cultura», n. 478-480, ottobre-dicembre 2020 (in corso di pubblicazione).

Mario Ciampi, De Felice, storiografia e impegno civile, in «Annali della Fondazione Ugo Spirito», n. 1, 2020, vol. XXXII, p. 35 ss.

Mario Ciampi, Il declino è reversibile, in AA.VV., Italia 20.20 Rapporto sull’interesse nazionale, Farefuturo-Admaiora, Roma 2020, p. 31 ss.

Mario Ciampi, Il “Security State” come paradigma dello Stato contemporaneo, in A. Forgione, R. Massucci, N. Ferrigni (a cura di), Per una cultura della sicurezza condivisa. Trattato di sicurezza pubblica, Franco Angeli, Milano 2020, p. 94 ss.

Mario Ciampi, Universalismo e Particolarismo nella Monarchia di Dante Alighieri, in S. Bolognini (a cura di), Prospettiva ponte e Genius loci. Materiali per una ricerca, Mimesis, Milano 2020, p. 271 ss.

Mario Ciampi, Democrazia e progettazione costituzionale nel “Codice di Camaldoli”, in «Studium-Ricerca», Sezione on-line di Storia, n. 1, gen-feb 2020, p. 48 ss.

Paola Ricci Sindoni, Liliana Segre e Ruth Klüger. Il testimone fra storia e memoria, in  «Critical Hermeneutics. Biannual international journal of philosophy»,  special 2020, http://ojs.unica.it/index.php/ecch/index.

Paola Ricci Sindoni,  Perdono, pentimento, riparazione. Ebraismo e Cristianesimo a confronto, in «Nuovo Giornale di Filosofia della Religione», n. 13/14 maggio-dicembre 2020, p. 128 ss.

Paola Ricci Sindoni, Delusione e abbandono. Note antropologiche ed etiche, in F. Russo (a cura di), Passioni tristi, decisioni morali e speranza educativa, EDUSC, Roma 2020, p. 35 ss.

Paola Ricci Sindoni, L’etica nel futuro. Tempo ed esperienza morale, in AA.VV., Etica e futuro, Orthotes, Napoli 2020, p. 71 ss.

Paola Ricci Sindoni, Potere e catastrofe. Karl Jaspers: la bomba atomica e l’ethos del sacrificio, in O. Ombrosi (a cura di), Il nucleare. Una questione scientifica e filosofica, Mimesis, Milano 2020, p.77 ss.

Cesare Salvi, Globalizzazione e critica del diritto, in  «Rivista critica del  Diritto Privato», n. 1-2,  2020.

Cesare Salvi, Neoproprietarismo e teorie giuridiche della Proprietà, in «Europa e Diritto Privato», n. 4, 2020.

Maurizio Serio, Note sul rilancio del progetto europeo. Architettura politico-istituzionale e riforma della rappresentanza, in L. Teodorescu (a cura di), Riflessioni sul futuro dell’Europa. Un confronto generazionale per rilanciare l’UE, Editoriale Scientifica, Napoli 2020.

Maurizio Serio, Le basi sociali del sovranismo populista, in N. Antonetti (a cura di), Discorsi sul “popolo”. Popolarismo e populismo, Editoriale Scientifica, Napoli 2020.

  • EDITORIALE

    Tommaso Moro e l’Utopia necessaria. Un’altra idea di Europa.

    di Antonio Casu

    Sono trascorsi cinquecento anni dalla pubblicazione, a Lovanio, della prima edizione di «Utopia» di Thomas More, uno dei pochi libri, è stato scritto, che ha davvero inciso sulla storia del mondo. Eppure, nel tempo, il termine Utopia ha finito per assumere una prevalente connotazione negativa. La si è spesso intesa come sinonimo di ideale astratto, di chimera irraggiungibile, contrapposto ad una visione concreta e realistica della società e della storia. Neppure ha giovato alla considerazione del termine l’uso che ne hanno fatto ideologie e teorie politiche dei secoli recenti, che hanno finito per trasformare la promessa di una società migliore, o addirittura perfetta, in regimi oppressivi e totalitari.
    In sostanza, si è finito per ricondurre l’Utopia a progetti velleitari oppure a pericolosa illusione, oppio della ragione. Così, alcuni l’hanno demonizzata, come Solgenitzsin, che la riteneva l’origine delle dittature contemporanee, o Popper, che la riteneva inscindibile dalla violenza, o Berlin, critico del presunto desiderio di perfezione che sarebbe insito nell’Utopia sociale. Altri hanno tentato di appropriarsene, come Marx il quale, privilegiandone gli aspetti di critica sociale dell’Inghilterra del suo tempo annoverava Tommaso Moro tra i precursori del comunismo.
    Ma naturalmente non si possono attribuire all’opera di More le conseguenze delle degli usi e delle interpolazioni storiche successive. «Utopia» è invero una costruzione allegorica, dunque a più livelli di lettura. Un racconto non vero, ma verosimile, in cui alla fine il verosimile ci indica il vero.
    Non un solo particolare, nel libro, è irrilevante. La storia è raccontata da una voce narrante, Raffaele (il nome dell’Arcangelo che significa Dio guarisce) Itlodeo (il cui etimo Izlos daíein significa raccontatore di bugie, burlone). Itlodeo, un navigatore esperto, che aveva navigato con Vespucci, racconta di una terra che era in origine una penisola chiamata Abraxa (ábrektos, su cui non piove, spiegava Lupton) collegata alla terraferma da un istmo che il suo conquistatore Utopo fece resecare, e che quindi da lui prese il nome di Utopia (ou-tópos, non luogo), e che in precedenti stesure del libro era indicata come Nusquama (nusquam, in nessun luogo) ed anche Eutopia (eu-tópos, luogo felice).
    L’isola che non c’è aveva come una capitale denominata Amauroto (città fantasma), era attraversata dal fiume Anidro (senz’acqua), governata dal principe Ademo (senza popolo), amministrata da Tranibori (tranós borós – vistosi mangiatori) e da Sifogranti (sýfos ghérontes – anziani altezzosi), difesa da Zapoleti (zoe poléin –  mercenari), e aveva per vicini Acori (akóros – senza terra) e Polileriti (polús-lérosítes – nativo di molte ciance), e via dicendo. Thomas More ci dice, dunque, che la fondazione dell’Utopia comporta la scelta di tagliare i ponti con il passato; di superare il limes della terraferma delle nostre convinzioni e abitudini, e delle illusorie certezze; di inoltrarsi nel mare aperto della conoscenza, empirica e spirituale. Solo così si potrà aspirare a giungere all’isola felice della libertà e del buon governo.
    Ed inoltre, se l’Utopia risiede in un luogo felice che non sta in nessun luogo, e dunque in nessun luogo può sussistere un luogo davvero felice, allora non trova fondamento alcuno l’attesa messianica della perfezione in terra, l’aspettativa di raggiungere una società perfetta. Vi è solo il diritto-dovere di migliorare il mondo, in ogni luogo e condizione. Cominciando da noi stessi.
    L’Utopia di Tommaso Moro è in realtà una critica del potere, una sublime satira del potere.
    Tommaso Moro, diceva Luigi Firpo, ci invia un messaggio nella bottiglia. E ci svela il volto oscuro del potere, che comanda ma non libera, lasciando a noi il compito di migliorarci, di raggiungere la saggezza mediante la ragione. Il fine dell’Utopia è dunque la saggezza, quella che Francesco Cossiga definiva, proprio parlando di More, il bene comune possibile.
    In quei pochi anni, agli inizi del Cinquecento, a un quarto di secolo dalla scoperta dell’America, l’insieme delle categorie politiche e giuridiche medievali implode, come ci spiega Carl Schmitt in «Terra e mare» e soprattutto nel «Nomos della Terra».
    Così avviene che la scoperta del Nuovo mondo genera la ricerca di un Mondo Nuovo, e che tale ricerca costituirà la causa e il motivo unificante della letteratura utopistica che dopo More prenderà le mosse, anzi… il largo.
    E avviene anche che in questa ricerca, e a causa di essa, matura il paradigma moderno del potere: l’«Elogio della Follia» di Erasmo è del 1511, «Il Principe» di Machiavelli è del 1513, l’«Utopia» come si è detto viene pubblicata nel 1516, «Le istituzioni del principe cristiano», ancora di Erasmo, sempre nel 1516.
    La teoria politica medievale è consegnata agli archivi. Il conflitto tra ragion di Stato e Utopia segnerà indelebilmente la storia politica del Vecchio Continente, e con esso la lucida consapevolezza della necessità di un’alternativa umanistica al predominio della scienza e della tecnica, in sostanza della necessità di un sistema di valori al quale ancorare il progresso scientifico. L’isola che non c’è è anche un luogo di buon governo: “de optimo rei publicae statu”, recita il titolo dell’opera.
    Vi è ancora un altro aspetto che occorre sottolineare. L’Utopia di Thomas More è l’ultima visione unitaria dell’Europa, e del suo ruolo guida nella storia del mondo, prima della stagione degli scismi e delle chiese nazionali, prima della separazione tra fede e ragione che ha separato irreparabilmente la civiltà europea dal suo primato, consegnandolo ad altri protagonisti.
    Una visione, quella di Tommaso Moro, che restituisce alla libertà, anche religiosa, e alla cultura, dunque alla conoscenza, una centralità che avrebbe impedito questa deriva.
    Che teorizza una separazione virtuosa tra sfera politica e sfera religiosa che da una parte richiama l’essenzialità del precetto evangelico e dall’altra anticipa la fine del temporalismo. Con secoli di anticipo rispetto al “Libera Chiesa in libero Stato”.
    Che promuove una visione antropologica della società basata sulla centralità della persona, tanto da teorizzare, per la prima volta, l’abolizione della pena capitale. Ben prima di Beccaria, il quale peraltro, nel capitolo XXVIII della sua celebre opera «Dei delitti e delle pene» subordina il divieto di irrogazione alla pena capitale alla sicurezza dello Stato e alla tutela dell’ordine pubblico, e dunque in sostanza alla ragion di Stato.
    Una visione, dunque, anche profetica, perché addita un percorso che è stato ripreso secoli dopo. Un santo campione dello Stato laico, lo definiva ancora Cossiga.
    Perché, in ultima analisi, l’Utopia non è uno stato emotivo, né un rifugio consolatorio dello spirito, né una manifestazione di buonismo politico. Né tantomeno una fuga dalla realtà. Al contrario, l’Utopia è l’unica alternativa possibile al fatalismo, alla rassegnazione, alla supina accettazione dei rapporti di forza che regolano la società.
    L’Utopia è l’altra faccia della Norma. Senza Norma, senza la Legge, la società scivola nell’anarchia e nella dissoluzione. Ma senza Utopia, la realtà si conforma ineluttabilmente ad un Ordine improntato alla legge del più forte.
    L’Utopia è lo spazio di libertà dell’uomo di fronte all’Ordine.
    L’Utopia è dunque una lucida, consapevole, e spesso costosa, assunzione di responsabilità. Ma è una responsabilità necessaria.
    Perché nessuno può pretendere di possedere tutta la verità, o di possederla solo per sé, o di esserne unico interprete. E nessuno ha diritto di attingere da solo a quella fonte. Al contrario, occorre aprirsi alla conoscenza, degli altri e dell’altro. Perché solo la conoscenza conduce alla verità, e solo la verità rende liberi.

     

    da Tempopresenterivista, 25 OTTOBRE 2016

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